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lunedì 31 dicembre 2007

reja 700

29 DICEMBRE 2007 - SQUADRA
NAPOLI FESTEGGIA REJA 700

Settecento panchine, così, tutte d’un fiato, partendo da Molinel­le e arrivando sino al Napoli, decollan­do dalla serie D per approdare sul­l’uscio dell’Europa: settecento volte Reja, sussurrando al calcio la sua esi­stenza moderata, profilo basso e testa alta, sempre, nella buona e nella catti­va sorte. Settecento panchine, a San Siro, la scala del calcio intravista dal buco della serratura nel 1979, quando cominciò un’avventura che l’avrebbe condotto ovunque, al Nord e al Sud, in Sicilia e in Sardegna, quando decise che la sua seconda ca­sa sarebbe divenuto quello scanno sempre scomodo e sistemati­camente rovente. Set­tecento panchine, sen­za accorgersi che il tempo è sfilato via dal­le mani come granelli di sabbia, ma tenendo­si aggrappato al mon­do che gira intorno at­traverso una serenità ed una compostezza goriziana - o inglese? ­un modello di vita e di stile assorbiti come sovente ricordato ­prima del black- out natalizio - da ragazzo («ringrazio sem­pre mia madre e mio padre per l’edu­cazione impartitami»), condivisi con Livia ed Elisabetta, le donne della sua vita («sono il mio segreto: perché non c’è decisione che non passi da mia moglie e da mia figlia»), trasmessi a quell’esercito di giovanotti capitatigli in gestione nel corso di ventotto anni da padre putativo («ho sempre avuto buon rapporto con i calciatori, poi è chiaro che chi va in panchina qualche moccolo lo tira, ma succede ed è an­che umano»).Le settecento panchine di Edy Reja, alla ripresa, capiteranno nel bel mez­zo d’un pomeriggio indimenticabile, tra un Kakà e una Coppa Interconti­nentale che sfileranno nel cuore di San Siro e la testa imbiancata dal fa­scino del sale e pepe che invece andrà incontro ai ricordi, che attraverserà il trentennio, che ripercorrerà le tappe salienti d’una carriera prima soddisfa­cente, poi elettrizzante, analizzata a più riprese in questi ultimi mesi den­si di emozioni mai vissute prima d’ora e ribadite ripetutamente nei pre e post-partita di gare simili a un gerovi­tal: «Napoli m’ha tolto, m’ha fatto ri­trovare l’entusiasmo giovanile» . Napo­li sono centododici pagine d’un ro­manzo scritto e rinnovato e rinfresca­to e arricchito d’esperienze altalen­tanti, radiografia nitida d’un calcio sempre uguale, pure trent’anni dopo la prima volta. Settecento panchine e cinque promozioni (Brescia, Vicenza e Cagliari, prima della doppietta parte­nopea), settecento panchine e qualche delusione (la retrocessione di Vicenza, i due mesi appena a Catania e con il Genoa, soprattutto la sconfitta nello spareggio per la serie A con il Tori­no), settecento panchine battendo i polverosi campi della D (Molinelle), della C/ 2 (Monselice, Pordenone, Mestre, Gorizia, Varese), quel­li un po’ più accoglien­ti - e anche nobili ­ della C/1 (Treviso, Bo­logna, Napoli), quelli scintillanti della serie A appena ritrovata e riconquistata attra­verso il sacrificio e l’equilibrio, la saggez­za e la capacità di ri­schiare ma senza mai strillare. Le settecen­to volte di Edy Reja rappresentano un inno alla perseveranza e al­la compostezza e il premio per una carriera mai semplice e mai banale, impreziosita dall’avven­to sulla panchina del Napoli e dal sal­to doppio dalla C alla A, però già pri­ma resa assai più che dignitosa da una serie di affermazioni rimarchevoli ot­tenute nella sana provincia del calcio. Milan-Napoli è la settecentesima can­delina per un galantuomo della pan­china amico da cinquant’anni di Fabio Capello e deciso un giorno a sfidarlo guardandolo negli occhi, per poter sorridere assieme delle proprie con­quiste, avviate a Ferrara, nella glorio­sa Spal che li allevò poco più che fan­ciulli. Settecento panchine e sessanta­due primavere ma non sentirla, come confessato a ottobre, in occasione d’un compleanno usato a mo’ di confessio­ne: «Qui vorreste farmi sentir vecchi, ma non ci riuscirerete. Napoli mi ha riportato indietro. Non chiedetemi quando smetto, non lo: forse quando avrò capito di rompere troppo le sca­tole». Settecento Edy Reja, con un so­gno da coltivare: chiudere con il Napo­li e concludere con una Nazionale. Magari la Slovenia: sai che sfizio, bat­tere Capello.

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